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Castelpetroso

I nomi di Castelpetroso e di Indiprete fanno capire immediatamente quale sia la natura del territorio su cui sorgono i loro abitati. Il primo deve il suo nome anche alla presenza di un castello di cui si ha notizia almeno dall’epoca normanna, anche se in quel luogo già esistevano in epoca longobarda due chiese donate da Leone, vescovo di Boiano, al monastero di Montecassino.

Indiprete è dentro le pietre, ricorda il Masciotta, e lì si fermarono tre fratelli che, venendo dalle Marche, forse si recavano in Puglia. Qualcuno sostiene che si dirigessero in pellegrinaggio verso il Gargano e perciò si portavano dietro un quadro con l’immagine della Madonna della Libera e i Santi Antonio Abate e Bernardino da Siena. Arrivarono a Indiprete la sera e si fermarono per passare la notte. All’alba del giorno dopo tentarono di ripartire ma una forza straordinaria teneva fermo il quadro per cui furono costretti a rinunziare al viaggio. Decisero perciò di rimanere a Indiprete e costruire in quel luogo una cappella a protezione dell’immagine che ormai era ritenuta portentosa. Passarono gli anni ed anche il paese considerò l’evento come un segno soprannaturale e si sentì in obbligo di contribuire alla edificazione di una più degna basilica. Cosa che avvenne con la partecipazione di tutti, sicché nel 1834 la chiesa, a tre navate, fu aperta al culto.


La Libera di Indiprete

Nel tempo la comunità continuò a tributare attenzione al quadro e alla chiesa, con una partecipazione attiva nella decorazione interna che, forse per una serie di combinazioni casuali, ora contribuisce a determinare, anche nel confronti del visitatore occasionale, una calda e suggestiva accoglienza. A ben osservare le pareti dipinte si vede subito che non è un’opera d’arte. Anzi i particolari rivelano una cattiva conoscenza delle regole del dipingere. Ma l’effetto complessivo è magnificamente sorprendente. Guai se vi mettesse mano un architetto a restaurarla: si rischierebbe di vedere perduta la consistenza fisica della pietà popolare che nel tempo, a proprie spese, ha sovrapposto colori su colori nel tentativo, inconsapevole reminiscenza bizantina, di dare all’involucro murario il giusto significato di una Gerusalemme terrena, ove si anticipa lo spazio multicolore e sfavillante di quella celeste.


La Libera con S. Berardino e S. Antonio abate

E all’interno ancora si conserva il quadro dei tre fratelli dove appare la Madonna della Libera che apre le palme della mano mostrando a chi guarda i segni della croce che vi sono impressi. In basso a sinistra San Bernardino da Siena, con il saio dei Francescani, che tiene in mano l’astro radiante che mostrava durante le sue predicazioni. A destra Sant’Antonio Abate con il mantello di eremita ed il bastone a forma di tau con il campanello appeso. Sulla parete una lapide ricorda l’episodio miracoloso del quadro ed il nome dei tre fratelli: Giovanni, Agostino e Pietro Arcaro. A lato l’immagine di Padre Pio, forse la migliore del Molise, dipinta su tela da Bianca Santilli alle soglie del nuovo millennio.


Padre Pio (Bianca Santilli)

Ma Castelpetroso deve la notorietà ad un secondo fatto miracoloso, avvenuto nel territorio di Cifelli, un’altra sua frazione. Il 22 marzo 1888 due contadine del borgo di Pastine, Fabiana e Serafina, mentre andavano alla ricerca di alcune pecore che si erano allontanate dal gregge dirigendosi verso la montagna, furono folgorate da un bagliore che proveniva dalla fenditura di una roccia. In quella luce riconobbero la Madonna Addolorata. La notizia si diffuse immediatamente non solo nel paese, ma anche in territori lontani, ed in molti nacque l’irrefrenabile esigenza di recarsi in pellegrinaggio nel luogo dell’apparizione. Due anni e mezzo dopo già veniva posta la prima pietra di un grandioso santuario su progetto del bolognese Gualandi, in perfetto stile neogotico. Mentre ancora era in costruzione da oltre mezzo secolo, al proprio interno Amedeo Trivisonno, il più celebre tra i decoratori molisani di edifici sacri, disponeva le sue teorie di santi. E’ passato un secolo e la basilica ancora non è stata completata, ma è straordinario il vedere folle di pellegrini, a volte animati da profonda fede, altre volte da semplice curiosità, frequentare questo luogo per dare un po’ di tranquillità alla propria coscienza. Anche questo forse è un miracolo. Come pure, al forestiero che valica Castelpetroso di notte, i pinnacoli bianchi e vertiginosi, ritagliati come quelli di un reliquiario trecentesco, appaiono come evento straordinario. Non tutti sanno che tanto si deve al racconto di quelle due pastorelle che ebbero la forza di trasmettere anche ai posteri la certezza delle loro visioni.

Il capoluogo di queste frazioni é, dunque, Castelpetroso. Come quasi tutti i paesi del Molise ha perso molto della sua struttura difensiva ma sappiamo per certo, da un documento trascritto da Pietro Diacono, che aveva un castello già nel 1019 e che nel suo territorio vi erano almeno due chiese: Ego Leo presbyter et monachus qui sum custodes ecclesiarum S. Salvatoris et S. Christophori, que edificate sunt infra finibus de Buiano in aptu de Castello Petroso in locum ubi Iuniperata nuncupatur… Cioé: Io Leo, prete e monaco, che sono custode delle chiese di S. Salvatore e di S. Cristoforo che sono edificate nei confini (diocesani) di Boiano nel territorio di Castel Petroso in quel luogo che si chiama Iuniperata …


S. Martino di Castelpetroso

All’interno della linea che corrisponde all’originaria cinta muraria una bella piazza anticipa la facciata della chiesa dedicata a S. Martino che insieme a S. Biagio è il protettore del paese. L’interno è a tre navate frutto di una trasformazione settecentesca, ma il portale fu realizzato nel trecento dallo stesso artista che fece quello della chiesa di S. Francesco ad Isernia. Del castello antico rimane solo l’impianto e nulla si riconosce dell’originaria costruzione di epoca normanna che nel 1153 era infeudata a Raul de Mulisio. Di costui si ricorda l’aver partecipato da testimone in Venafro ad un accordo tra Ugo II conte di Molise (di cui era feudatario) e l’abate Giovanni di S. Sofia di Benevento.