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Frosolone

Poiché sono convinto che la dedicazione a S. Michele Arcangelo sia un indizio importante per attestare per Frosolone un’origine perlomeno longobarda, mi faccio accompagnare a trovare le chiavi della chiesa che porta quel nome. Per arrivarvi si passa davanti alla facciata del palazzo Zampini dove viene spontaneo fermarsi a guardare il bel portale neoclassico tutto in pietra che, però, denota un sicuro abbandono. Il rumore ripetitivo di macchine mi avverte che dentro c’é un laboratorio. E’ di due cugini che si chiamano ambedue Giuseppe e sono figli di Nicolino e Giovanni Permanente, due fratelli che hanno passato una vita a fare forbici e coltelli. Dunque, dove una volta erano le cantine e la stalla del palazzo oggi vi è una piccola fabbrica di forbici. Frosolone è famosa per la lavorazione dell’acciaio ed è un piacere vedere che l’antica tradizione continua, come continua negli altri laboratori dei De Luca, dei Fraraccio, dei Paolucci, dei Tasillo. I Pirmanente vogliono vendere il palazzo, che ora appartiene loro, perché restaurarlo è una impresa impossibile. Il grande atrio è tutto in pietra e così pure lo scalone che porta alle stanze. E’ tutto come una volta ma gli ambienti sono un deposito del laboratorio. Peccato! Cerco di convincerli a farne un originale punto di vendita con un museo dove si racconti l’arte della lavorazione dell’acciaio. L’idea piace loro e mi regalano due piccole forbici mentre mi accompagnano alla chiesa di S. Michele. E’ tutta ricostruita dal 1840 su quella più antica annessa ad un convento. Nulla rivela impianti medioevali. Le notizie più antiche arrivano al Seicento, come il bell’altare ligneo del 1694 con le colonne decorate da tralci d’uva che reggono un timpano spezzato con la porta del Cielo da cui esce il Padreterno benedicente. Un quadro notevole con la Madonna assistita da un lato da San Biagio, con il suo pettine di ferro, e dai Santi Francesco e Antonio dall’altro. L’anima di questa chiesa è Teresina. Conosce tutte le vite dei santi e faccio bella figura quando riconosco la statua di S. Apollonia, che protegge dal mal di denti. Mi indica i busti a rilievo di S. Barbara e di S. Lucia sull’altare ligneo e mi racconta di S. Felice di Civitanova dal quale si recavano in processione le donne di Frosolone quando erano preoccupate se i figli avevano problemi di linguaggio.

Frosolone ha belle chiese e tutte ben tenute, anche dove i restauri esterni creano qualche disappunto. Così è la chiesa di S. Nicola con l’interno che conserva una bella tela secentesca con la Madonna Inmmacolata ed il coro che Enrico Marchetti realizzò nel 1866. Così è la chiesa di S. Rocco cui fu attribuita la responsabilità, fino al 1847, di proteggere dalla peste. Poi divenne la sede della confraternita di S. Francesco che vi realizzò il grande pannello in facciata con la Madonna e S. Francesco nella gloria mentre le anime del purgatorio (e tra esse quella che porta un cappello da prete) aspirano a salire in alto. Così quella della Madonna delle Grazie con un magnifico altare ligneo. Così la chiesa di S. Anna nella frazione che porta il suo nome. Tutte queste chiese, anche se di origine più antica, nel XVIII secolo furono modificate in facciata con la formazione di un cornicione semiellittico accoppiato a due quarti di ellisse laterali, secondo un carattere stilistico molto particolare per essere diffuso in quell’epoca da Frosolone fino a Venafro. Consueta anche la presenza di croci stazionarie più o meno artistiche. Tipica, con colonna e croce polilobata quella del 1732 davanti alla Madonna delle Grazie. Assolutamente originale quella a forma di piramide affusolata con la sfera sulla punta davanti a S. Rocco. Particolare quella che ora si trova nel luogo dell’antica chiesa di S. Pietro Apostolo. Qui la data 1660 ricorda l’anno di realizzazione e la sottostante data 1825 ricorda che fu ricostruita dopo il funesto terremoto del 1805 che aveva fatto crollare anche al chiesa. Da un lato della cornice polilobata è il Crocifisso con i bracci che si concludono in forma cherubini e lo Spirito Santo raggiato che piomba dall’alto in forma di colomba. Sull’altro lato della Croce sta la Madonna Immacolata poggiata su una mezzaluna. Due leoni, una volta stilofori, fanno intuire che l’antica chiesa di S. Pietro era dotata di un protiro di cui si è persa ogni traccia. La sede parrocchiale fu poi spostata nella vicina chiesa che originariamente era dedicata a S. Chiara, come si ricava dall’attiguo Convento che, fondato intorno al 1367, oggi è sede comunale. Ma la chiesa più bella è certamente quella dell’Assunta con una delle più interessanti facciate settecentesche del Molise e con un impianto planimetrico che nasconde le varie trasformazioni seguite alla fondazione almeno trecentesca. Modifiche sostanziali, come quella documentata del XVI secolo, conseguenti agli accidenti tellurici che in questa zona sono consueti. Ha un campanone che i Frosolonesi chiamano affettuosamente Girolamo e conserva al suo interno (un bel barocco a tre navate) due pregevoli quadri di Giacinto Diano, detto il Pozzolano, che fu il più grande dei pittori napoletani della seconda metà del XVIII secolo: Le anime del Purgatorio da una parte e S. Domenico con S. Caterina ai piedi della Madonna del Carmine dall’altra.

Passando per uno dei vicoli si arriva all’ingresso del palazzo baronale che dal 1771 appartiene alla famiglia Zampini. Gli ultimi eredi sono gentilissimi e mi consentono di accedere all’interno. Certamente il palazzo necessita di grandi restauri anche per eliminare i numerosi problemi statici, ma il suo interno conserva il fascino degli edifici ricchi di storia. Raynaldo di Pietrabbondante lo tenne in possesso alla metà del XII secolo, quando Frosolone consentiva una rendita di almeno 120 once d’oro obbligandolo così a sostenere almeno sei militi ed altrettanti servienti nell’esercito normanno. Più tardi fu di Andrea d’Isernia, dei d’Evoli, dei Montagano, dei di Capua, dei de Raho, dei Marchesano, dei Carafa, dei della Posta ed infine dei Muscettola.

Sulla via che porta a Castropignano si trova S. Pietro in Valle. Il parroco don Raffaele mi spiega che l’antica chiesa era dedicata a S. Maria di Loreto, ma ora ha il titolo di S. Donato. La sua statua è la più piccola tra quelle che vi vengono venerate, ma il 7 di agosto, giorno della sua festa, esce per prima in processione seguita da tutte le altre della Madonna di Loreto, della Madonna del Carmine, di S. Filomena, S. Antonio Abate, S. Michele, S. Pietro, S. Antonio e S. Nicola.