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Pozzilli

S. Maria Oliveto

Allo stato attuale il nucleo urbano di S. Maria Oliveto, pur conservando intatto il suo impianto fortificato, avrebbe bisogno di un accurato lavoro di recupero per eliminare sovrapposizioni episodiche e banali che ne riducono anche il valore ambientale. Per una serie di fortunose circostanze il perimetro delle mura di difesa e la totalità delle torri circolari si è conservata fino ai nostri giorni. Ciò permette una concreta ricostruzione del suo sistema e qualche valutazione sulla datazione di quanto oggi si vede. Sulle origini dell’insediamento abbiamo la possibilità di attingere al Chronicon Vulturnense che varie volte e per diversi motivi fa riferimento alla chiesa di S. Maria Oliveto. In un certo momento i responsabili della difesa di S. Maria Oliveto dovettero provvedere ad una sostanziale ristrutturazione dell’apparato murario e ad una rielaborazione delle cortine perimetrali con l’aggiunta di torri circolari per il controllo radente. Tennero conto della situazione naturale del sito e, probabilmente, di una preesistenza difensiva posizionata nella parte apicale della conformazione rocciosa. Possiamo ritenere (e non potrebbe essere diversamente) che un nucleo originario corrisponda a quella zona che ancora oggi si chiama Castello e che conserva, in uno stato di totale abbandono e degrado, gli elementi circolari di due poderose torri. Di quella più grande, che ha un diametro di notevoli dimensioni, comunque superiore ai 10 metri, rimane solo il piano terraneo con grande volta a catino. Dell’altra solo le tracce del perimetro. Nulla possiamo dire se il torrione sia stato mai completato ovvero se successivamente, perduta la sua funzione originaria, sia stato demolito. Si tratta di un mastio di un edificio articolato totalmente scomparso o forse, più propriamente, di una rocca che costituiva l’ultima difesa in caso di assalto nemico al nucleo abitato, essendo essa situata nella parte più alta dell’intero insediamento. Una conformazione naturale rocciosa che non fu neppure completamente livellata nella parte apicale, come si vede chiaramente dagli spuntoni di roccia che sopravvivono all’interno dei ruderi di una casa ancora esistente nell’area. Da questo punto parte l’attuale cinta muraria che complessivamente forma un circuito vagamente ovale. Il lato occidentale delle cortine di difesa è oggi il meno conservato perché in questa parte si è concentrato lo sviluppo edilizio dal secolo XVIII, forse per la nascita di una strada di più facile arrivo da Venafro. Qui il muro seguiva la forte pendenza naturale che raccordava il Castello, con un autonomo sistema d’accesso, alla prima torre circolare che garantiva il controllo all’angolo della parete esposta a Sud. Nella parte meridionale il muro seguiva un costone roccioso quasi rettilineo che si affaccia sulla sottostante pianura del Volturno e che costituisce una naturale protezione per gli assalti da valle. Non sembra possa riconoscersi alcuna torre circolare intermedia tra quella d’angolo allo spigolo sud-occidentale e quella successiva allo spigolo sud-orientale, ma un qualche sistema di controllo doveva esistere nella parte mediana perché in questo punto arrivava l’erto sentiero che nella fascia pedemontana, passando davanti alla chiesa di S. Lucia, collegava il nucleo urbano alla sottostante valle. Tale sentiero poi seguiva il piede del muro verso Est, fino a raggiungere la cosiddetta Porta Saracena. Nella parte orientale, invece, in corrispondenza della torre circolare d’angolo, piega quasi a 90 gradi e segue l’andamento naturale del terreno secondo un linea di appoggio che in pratica segue un’unica curva di livello. In questo tratto sopravvive la porta urbica che, pur avendo perso tutti gli elementi murari utili per capire il suo funzionamento, conserva l’intero arco in pietra. Non sappiamo se l’accesso fosse preceduto da un ponte. Le caratteristiche strutturali della cortina non evidenziano la presenza di scuffie o di riquadri che facciano ipotizzare l’esistenza di un ponte levatoio, ma è improbabile che dopo aver realizzato un sistema murario di protezione dell’abitato, l’accesso fosse affidato ad una porta così vulnerabile, anche se munita di due torri laterali. Un sistema più complesso certamente esisteva e solo una indagine archeologica potrebbe chiarire meglio il suo funzionamento.

All’interno del nucleo una sola chiesa, dedicata a S. Lorenzo, ospita le attività liturgiche della parrocchia che fino agli anni settanta apparteneva alla diocesi di Montecassino. L’interno, ad una sola navata, è gradevole e l’andamento circolare della parte absidale attesta in maniera inequivocabile che l’attuale impianto baroccheggiante si sovrappone ad uno più antico, forse quello dell’antica chiesa di S. Maria, anche se l’originaria (quella che ha dato il nome al paese) era in tutt’altro luogo. Dentro si venera non solo S. Lorenzo che, con la graticola del suo martirio, è a lato della Madonna Addolorata, ma anche S. Antonio, che ha un suo cappellone insieme a S. Antonio Abate e S. Lucia. Di notevole effetto gli affreschi della piccola abside, sistemati su due registri. In basso sono di buona fattura i dodici Apostoli con S. Paolo che sostituisce Giuda Iscariota. Sono tutti in piedi, sei da una parte e sei dall’altra, a lato di una piccola crocifissione molto rovinata. Nel catino absidale un rozzo Cristo Pantocratore, di mano sicuramente diversa, benedice alla greca in una mandorla iridata e quattro angeli a lato. Mi sembra molto simile per fattura a quello della chiesetta di S. Giovanni a Scapoli.

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Pozzilli

S. Maria Oliveto è frazione di Pozzilli che si trova in basso, dove passava l’acquedotto romano i cui pozzi (secondo alcuni, ma la cosa non mi convince) avrebbero dato il nome ultimo al paese che prima si chiamava Caspoli. Pozzilli si è definitivamente formato nel 1645 quando monsignor Cordella, vescovo di Venafro, faceva trasferire la parrocchia di S. Caterina d’Alessandria dall’antico abitato di Trasarcio di Concacasale. Una nuova chiesa, dedicata a S. Caterina d’Alessandria, fu completata nel 1702, ma poi sostanzialmente trasformata ed ampliata dopo il 1754, all’epoca del vescovo Saverio Stabile, il cui stemma si ritrova sui bei marmi dell’altare maggiore. La chiesa è un ottimo esempio di architettura barocca ad una sola navata. Un interno è bello come la sua facciata della metà del secolo XVIII. Tra le cose pregevoli la tela con il Matrimonio mistico di S. Caterina. Il territorio comunale di Pozzilli è il più industrializzato della provincia di Isernia e sotto i capannoni delle sue fabbriche ancora sopravvivono parzialmente i resti di una grandiosa necropoli osca del VI secolo prima di Cristo. Ciò che si è recuperato con saggi archeologici più o meno corretti è conservato nel Museo di Venafro dove aspetta da decenni di essere mostrato al pubblico.