Tags
Related Posts
Share This
Santa Maria del Molise
S. Angelo in Grotte
Quando un paese è dedicato a San Michele Arcangelo certamente lì attorno vi è una grotta ed altrettanto certamente su quel luogo i longobardi vi eressero una difesa stabile. Così è pure per Sant’Angelo in Grotte dove la tradizione popolare vuole che il Principe degli Arcangeli addirittura avesse deciso di porre una sua residenza terrena. Il popolo racconta che San Michele non voleva essere disturbato e così un giorno, quando i suoi fedeli non portarono a termine la processione della sua statua per un improvviso nubifragio facendo rapido ritorno alla grotta, egli si infilò in una fenditura della roccia e se ne volò verso il Gargano, in quel monte che prese il suo nome.
In questa grotta ho disegnato l’altare che oggi accoglie il simulacro dell’Arcangelo nell’atto di sottomettere il ribelle Lucifero, seguendo le sollecitazioni del parroco don Michele che è convinto, come me, che il Principe degli Arcangeli in quel luogo faccia spesso ritorno, specialmente il giorno della sua festa, quando processionalmente i fedeli girano attorno alla sua antica immagine.
Il territorio di S. Angelo fu feudo dei Badianosa, dei Montagano e dei Santangelo. Alla prima metà del XV secolo appartenne per meno di un ventennio ai Caldora e da questi passò nel 1443 ai di Sangro che lo tennero fino al 1551, salvo una breve parentesi alla fine del Quattrocento. Divenuti feudatari i Capece e poi nel 1564 i Caracciolo, S. Angelo passò ai Sommaia, ai Franco, ai Mormile ed infine ai Centomani che la tennero fino alla fine della feudalità.
Poco si sa dello sviluppo urbano di questo centro e del suo castello non rimane traccia visibile. Il culto per San Michele Arcangelo e la particolare forma del territorio che sovrasta la grotta furono i fattori determinanti per la nascita dell’insediamento umano che si aggregò attorno ad una chiesa dedicata al primo successore di Cristo.
Chi vuole sapere come fosse la prima chiesa di San Pietro in Vincoli a Sant’Angelo in Grotte difficilmente potrà capirlo osservando l’attuale architettura, che è frutto di una serie di trasformazioni e di ampliamenti conseguenti ad incendi, distruzioni belliche, terremoti, incuria degli uomini.
Ma, come spesso accade, anche i monumenti più modificati conservano la loro anima come la cenere sopra la brace. Ed il fuoco perenne della chiesa di San Pietro in Vincoli è una modestissima cripta che da quasi sette secoli mostra un raro esempio di ciclo completo di affreschi dedicati alle sette opere di misericordia. In realtà in origine le opere di misericordia corporale erano solo quelle sei che vengono elencate da San Matteo nel suo Vangelo mettendole sulla bocca di Cristo quando, poco prima della sua Passione, anticipa la visione del giudizio finale che sarà ripresa da San Giovanni nella descrizione apocalittica: “Quando verrà il Figlio dell’uomo nella sua Maestà con tutti gli Angeli, si assiderà sul trono della sua gloria. E tutte le nazioni saranno radunate davanti a lui, ma egli separerà le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra ed i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sin dalla creazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi albergaste; ero nudo e mi rivestiste; infermo e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi”. E poi: “ In verità vi dico: ogni volta che avete fatto questo ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”.
Nel tempo, dopo il Mille, fu aggiunta anche l’opera misericordiosa della sepoltura dei morti e solo dal 1330 si vedono rappresentate nell’arte tutte le sette opere. Perciò è facile desumere che certamente non prima del XIV secolo sono le pitture di Sant’Angelo in Grotte.
La cripta non sembra avesse in origine una funzione funeraria, come di solito accade per gli analoghi ambienti sottostanti gli altari, ma fin dall’inizio dovette essere una vera e propria cappella sotterranea dove le pitture potevano essere osservate solo con l’ausilio di una illuminazione artificiale. La parete che avvolge l’ambiente con una volta a sesto ribassato è riquadrata da cornici che accolgono finte lastre marmoree con intarsi multicolori, tutti diversi tra loro. La fascia mediana è occupata dalla serie di rappresentazioni che richiamano, una per una, le sette opere di misericordia corporale, partendo dal piccolo altare lungo la parete di destra, per finire sulla parete di sinistra dove appare, ultimo quadro, la visione della città di Betleem e l’immagine di un astro radiante dal volto umano, forse simbolo della stella cometa: “E tu, Betleem, terra di Giuda, non sei certo la minore delle città di Giuda, perché da te uscirà un capo che guiderà Israele, mio popolo”.
S. Angelo è frazione di S. Maria del Molise. Il centro amministrativo si trova ai piedi della montagna, dove comincia una pianura ricca di rivoli sapientemente irriggimentati per alimentare una serie di molini ad acqua che oggi costituiscono la memoria storica di quel luogo. Si deve fare fatica per cercarlo perché non ha l’aggregazione tipica dei nuclei antichi. La sua chiesa, perciò, rappresenta un episodio privo di contesto urbano, nonostante gli sforzi che la pubblica amministrazione sta facendo per dare un carattere organico al territorio circostante individuando nella straordinaria ricchezza di acque e nei suoi canali l’unificante filo conduttore. Non è facile.