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Sessano del Molise
A Sessano certamente una comunità esisteva già nel 1182 perché in una pergamena che Papa Lucio III inviava al vescovo Rainaldo, tra le parrocchie della diocesi, è riportata anche in Sexana plebem S. Mariae. Non solo questa chiesa è stata trasformata secondo il solito piu volte, ma l’intero centro originario ha perso pressoché totalmente gli elementi difensivi urbani che avrebbero potuto facilitarci il compito di capire la sua struttura storica. La notizia feudale più antica ci riporta al tempo dei normanni quando Sessano, alla metà del XII secolo, apparteneva a Roberto di Miranda che era subfeudatario di Raul di Molise.
Nel periodo angioino per un periodo appartenne ad un certo Isnardo Giso, ma poi passò ad Andrea d’Isernia e, successivamente, all’ultimo dei suoi figli che cedette a Giacomo di Sessano. Il feudo appartenne ai Gesualdo ed ai Castagna. Questi ultimi lo tennero fino alla fine del XVI secolo quando fu ceduto ai Costanzo e successivamente ai Frezza. Ultimi feudatari nel XVIII secolo furono i d’Andrea che si resero tristemente famosi per le gesta di Giuseppe che fu denunziato nel 1776 dall’università di Sessano per atti di prepotenza e reati contro il buon costume, come ricorda il Masciotta.
Eppure proprio mentre i d’Andrea erano i titolari del feudo fu ricostruita dalle fondamenta la chiesa dedicata alla Madonna Assunta. E’ diversa da tutte le altre chiese molisane. Anche se la Soprntendenza ha eseguito un restauro da cani (a cui si può ancora rimediare restituendole i caratteri originali ed eliminando le sovrapposizioni in pittura plastica), la chiesa conserva una straordinaria spazialità interna con la sua pianta centrale tutta aggregata attorno all’enorme cupola retta da enormi colonne circolari. La sensazione è che il disegno sia stato realizzato da uno di quegli architetti nordici che scesero nel regno di Napoli al tempo dei Borboni. Alla metà del XVIII secolo fu realizzata la facciata che, nel suo complesso, è tra le migliori del Settecento molisano.
Fuori dell’abitato, nei pressi della moderna casa di cura che è denominata “Cittadella di Padre Pio”, sorge dal 1618 la piccola chiesa dedicata a S. Maria degli Angeli. Lo attesta la data posta sull’architrave sormontato anche dallo stemma che appartenne alla famiglia Castagna che in quell’epoca era feudataria di Sessano. L’interno è decorato con cura e la solita mano sacrilega si è accanita a rubare gli angeli della bella statua settecentesca della Madonna titolare della chiesa. Un’altra statua pure è dedicata alla Madonna. E’ una delle prime opere del carovillese Emilio Labbate che la realizzò nel 1851. Sul sagrato notevole è la croce stazionaria, sicuramente diversa dalle altre coeve che si trovano nel territorio. I bracci dalle terminazioni trilobate farebbero pensare ad una esecuzione più antica di quanto segnali la pietra basamentale dove è riportata la data del 1735. Su una faccia è la rappresentazione del Cristo crocifisso con un Angelo in alto, S. Pietro e S. Paolo ai lati e la Madonna che è ai piedi. Dall’altro lato la parte centrale è occupata dall’immagine della Madonna con un personaggio che indossa una tunichetta con una calzamaglia nella parte alta della Croce, mentre a destra e sinistra sono rappresentati due monaci incappucciati. Il collarino del capitello porta una serie indecifrabile di lettere SADMSGIIII. Il tutto poggiante su una esile colonna circolare.
Il protagonista della piazza sembra però essere il grande tiglio plurisecolare, che scientificamente si chiama Tilia platyphyllos. E’ altro 15 metri, con un fusto che misura oltre tre metri di circonferenza.
Ma il territorio di Sessano resta famoso per un’epica battaglia che si svolse il 28 giugno del 1442 tra Alfonso I d’Aragona e Antonio Caldora, ultimo sostenitore della fazione angioina. In fin dei conti qui si giocarono le sorti dell’Italia meridionale.
Alfonso ormai aveva conquisato Napoli sottomettendo tutte le famiglie avversarie. Nel Molise, nell’area limitrofa al suo castello di Carpinone, Antonio Caldora con il suo esercito si era ritirato insieme a Paolo di Sangro per organizzare una stranua difesa contro l’Aragonese.
Il re concesse quattro giorni di attesa affinché Antonio si arrendesse nel suo castello di Carpinone e si accampò nell’agro di Sessano. Poco prima che scadesse il termine Caldora decise di attaccare l’esercito aragonese e mosse verso Sessano.
Per vari giorni i due eserciti, postisi sulle opposte sponde del piccolo Carpino, si osservarono evitando l’attacco. Poi Alfonso, che personalmente comandava le operazioni, ordinò ad un gruppo di soldati catalani e siciliani di passare il fiume e attaccare il nemico. Antonio Caldora ebbe la meglio e si convinse che quello era il momento dell’attacco. Mentre le sue truppe irrompevano tra le fila degli aragonesi accadde ciò che Antonio non aveva previsto. Paolo di Sangro passò dalla parte di Alfonso con buona parte dei soldati. Caldora rimase disorientato e, nonostante una prima onorevole difesa, alla fine fu costretto alla resa finché, scendendo da cavallo dovette inchinarsi davanti per baciare il piede di Alfonso che non scese neppure dal suo cavallo. Poi si seppe che il tradimento di Paolo di Sangro era stato concordato nella notte con promesse di feudi e concessioni di ogni genere.