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Vastogirardi
Vastogiradi è uno dei paesi più pittoreschi dell’Alto Molise, forse non sufficientemente apprezzato. Eppure il suo paesaggio è straordinario non solo per la ricchezza della flora che caratterizza le sue belle montagne, ma anche per la presenza di tracce significative della civiltà sannitica. Prima di tutto lo straordinario tempietto che oggi si chiama di S. Angelo per la sovrapposizione antica di una chiesa longobarda, ma che una volta era un esempio di perfezione architettonica per avere un impianto regolato da leggi armoniche. Se provate a dividere il lato minore per quello maggiore si ottiene 0,618. Se dividete il lato maggiore per la somma di quello minore più quello maggiore, avrete di nuovo 0,618. In altre parole è impiantato su quel rettangolo aureo che era stato teorizzato da Euclide con la media ed estrema ragione. Vastogiradi merita una visita già per questo tempietto. Per trovarlo non vi sono problemi. Basta seguire le indicazioni turistiche. Si arriva in una valle circondata da boschi che creano la suggestione che da un momento all’altro sbuchi una tribù di sanniti per godere della preziosa presenza di una sorgente. Certamente è da attribuire all’acqua la sacralità di quel luogo. Oggi dell’antico tempio italico rimane solo il basamento con la pronunziata cornice pressoché intatta, ma se vogliamo sapere che fine abbia fatto l’elevato, dobbiamo andare nel paese, all’interno della corte urbana del nucleo fortificato più antico, ed osservare le pietre che formano la chiesa di S. Nicola che, secondo la lapide che si trova sul portale, fu costruita nel 1702 e consacrata nel 1725 dal vescovo Mariconda. In realtà è molto più antica. Forse coeva con il primo impianto urbano. L’interno della chiesa è del tutto anomalo. Si capisce che è frutto di continue trasformazioni che non riuscirono mai a dare una conclusiva definizione architettonica. Ci si provò con la realizzazione di un bell’altare di marmo che Vittorio Casale riconduce alle esperienze di Pescocostanzo mutuate dalla tradizione seicentesca napoletana. A lato dell’altare di S. Carlo Borromeo i filii dolentes di Prospero Petra, barone di Vastogiradi, seppellirono il genitore nel 1612 e nell’epigrafe associarono il proprio nome a quello di Cristo che erat petra et Petrus petra petraque…Qui lo stemma dei Petra (un leone rampante, caricato di una stella, che regge una testa mozzata) è partito con quello dei d’Evoli (troncato inchiavato). Su una parte del soffitto un’immagine gemellata della Madonna del Carmine. In basso l’affresco settecentesco con una Madonna tra i santi Francesco di Paola e Caterina d’Alessandria. Sull’altro lato i simulacri di S. Amico e S. Francesco. Su una parete di fondo rimane una finestra interna fatta per comodo dei signori Petra che così potevano sentir messa senza uscire dal contiguo palazzo baronale, oggi dei Marracino. In sagrestia un bellissimo mobile liturgico e antichi busti di santi che aspettano un necessario restauro.
La chiesa si apre all’esterno con un portico che è molto utile nel periodo invernale ma che è anche uno scenografico raccordo con la pittoresca piazza contornata di case in pietra. Si uniscono a formare una parete senza soluzione di continuità. Ininterrotta anche dove si aprono le porte che una volta collegavano l’antico nucleo con le due vie di accesso alla zona difesa. La porta principale volge a settentrione ed è arricchita da una lunga epigrafe nella quale Carlo Petra ed altri importanti suoi familiari, fissando al 1272 l’origine della loro nobiltà, fanno sapere di aver restaurato nel 1691 le loro case ed il loro palazzo baronale in Vastogirardi. A lato del marmo una serie di stemmi dei Petra, partiti con quelli di altre famiglie imparentate. Uno di essi è datato 1626.
Ma i Petra non furono i soli sgnori del paese. Guastum, così si chiamava in origine Vastogirardi (e così, più meno, lo chiamano gli abitanti attuali che al nome originale tolgono semplicemente la prima lettera), intorno alla metà del XII secolo era tenuta da Roberto di Guasto, sottofeudatario di Guglielmo di Agnone che ne era il feudatario principale.
In epoca angioina appartenne a Raimondo Maleto, poi ai Cantelmo (con una parentesi di circa venti anni per il dominio di Corrado Acquaviva) e dal 1384 ai Carafa.Furono feudatari anche gli appartenenti alle famiglie dei Mormile, dei Caldora, dei d’Aquino, dei d’Afflitto e finalmente, alla fine del XVI secolo, dei Petra. Dopo di loro furono i d’Alessandro di Pescolanciano a godere del feudo di Vastogirardi fino alla fine del XVIII secolo.
Scendendo dall’altra porta della corte castellana si passa davanti al palazzotto dei Selvaggi-Scocchera graziosamente difeso da un gran numero di saettere poste al disotto dei davanzali di tutte le finestre che guardano al portale. E’ un palazzo impiantato su due lati con l’ingresso posto sul lato minore. Notevole è l’originale portale di gusto rinascimentale articolato su due registri in maniera da inglobare al suo interno un’apertura che corrisponde ad un piano ammezzato.
Per uscire dal paese si passa davanti alla Chiesa di S. Maria delle Grazie dal cui campanile ogni anno un bambino vola come un angelo attirando la trepidante attenzione dei vastesi che ritornano al paese per assistere a questa insolita manifestazione di fede. L’esterno della chiesa non è particolarmente interessante e non fa minimamente immaginare la notevolissima qualità della sua architettura interna. Sicuramente è la più bella chiesa molisana del primo novecento, sebbene la sua conformazione planimetrica ripeta il consueto modulo a tre navate. La particolarità sta nella snella articolazione delle colonne, estremamente agili, che riflettono in maniera coerente un gusto di fine ottocento arricchito da citazioni culturali che si traducono in un ricco apparato decorativo eseguito a stucco. Dai quattro medaglioni con le teste di illustri compositori che ornano il parapetto della cantoria, alle astrazioni simboliche che si richiamano ai santi ospitati nei sottostanti altari. Belle le statue di S. Vincenzo Ferreri con le ali, S. Giuseppe col bastone fiorito, S. Filomena con l’ancora, la Madonna Incoronata sull’albero, S. Michele con Lucifero, la Madonna con l’Angelo Gabriele, S. Liborio vescovo, la Madonna col rosario, S. Antonio con il Bambino ed infine S. Domenico dei serpari che regge in una mano il libro con il ferro di cavallo mentre con l’altra mostra il suo dente che ricorda l’originale conservato a Cocullo. La statua più bella è quella settecentesca della Madonna delle Grazie ed è sull’altare maggiore. Il popolo di Vastogiradi volle ricordare in una lapide del 1911 che il merito di quest’architettura fu del compaesano Vincenzo Liberatore che tutto intento all’invito delicato dell’anima sua ebbe l’idea d’instaurare questo tempio.